Waas, Windows as a Service, le PMI sono pronte ?

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Windows 10 Surface Phone Italia
Windows 10 Surface Phone Italia

Durante la propria carriera lavorativa, molti professionisti IT incappano in quel dilemma “amletico” per cui clienti, ma non solo, sono costretti a valutare se continuare ad operare con un parco computer composto da una costellazione di differenti versioni Windows o se aggiornare e unificare ad un unico sistema operativo tutti i dispositivi. Windows 10, oggi, ci offre la possibilità di uniformare i dispositivi con estrema facilità e senza particolari intoppi.

Ebbene, sembrerebbe facile dipanare il dubbio e pensare che con il fatidico e abusato “click” si possa passare da decine di versioni di Windows differenti ad una sola versione che un domani non subirà l’onta dell’obsolescenza ma che invece manterrà stabilmente aggiornato il sistema operativo all’ultima versione. Tuttavia non è mai così semplice e indolore, a far resistenza ci sono:

– Per primi gli utenti che, terrorizzati dal cambiamento, obbiettano: ”ho sempre fatto così! Per carità del cielo non cambiate altrimenti poi non so più dove trovare le cose!” (le cose sono le icone dei programmi).
I responsabili dei processi produttivi e/o logistici che, con l’ottimismo di uno condannato al patibolo, sono certi che da qualche parte ci sarà un intoppo dovuto su macchine con driver particolari del produttore di un dispositivo del 1929 che non funzionerà, oppure lamentano il fatto che alcuni software che girano su macchine con caricato Win 98, o se non peggio Win 95, non andranno più su Windows 10.
Catastrofisti professionali: si bloccherà tutto ?

Ai primi si potrebbe far comprendere che l’interfaccia di Windows, ad eccezione di Windows 8, ha mantenuto una certa continuità e che quindi le “cose” saranno sempre là dove sono sempre state.
Ai secondi si potrebbe far presente che Windows 10 non è dotato di vita propria e non ha ancora coscienza e facoltà di agire per proprio conto, quando si procede all’installazione c’è sempre la possibilità di ripristinare il vecchio sistema, oltre al fatto che un’immagine del PC è sempre buona norma farla di tanto in tanto quando si hanno dispositivi molto vecchi.
Agli ultimi si può solo consigliare una benedizione o un viaggio mistico di purificazione perché neanche nelle leggi di Murphy si cela tanto pessimismo.

A fronte di tali obiezioni e resistenze il professionista IT, siccome ha maturato negli anni che la propria specie va preservata dalle voraci fauci della concorrenza, si limita a consigliare l’aggiornamento ma poi lascia che il terrore si sparga per i dipartimenti dell’azienda del cliente e continua a lavorare, e a imprecare in linguaggio macchina, su decine di versioni differenti di sistemi, tutti tassativamente configurate ad hoc per ogni singolo utente, il quale si inalbera se per caso gli viene rimosso lo sfondo del Desktop con la foto delle ultime vacanze quale sfoggio per l’invidia dei colleghi.

Ironia a parte, situazioni di questo genere sono presenti nella maggioranza delle aziende italiane che, essendo di piccole e medie dimensioni, faticano a concepire che l’infrastruttura IT, quindi l’insieme di tutti gli strumenti software e hardware, non è un mero costo ma, opportunamente calcolato, uno strumento per migliorare il core business e per migliorare la produttività.
Dopo aver presenziato ad una presentazione del nuovo concetto di WAAS, cioè Windows come un servizio, mi domando: le PMI sono pronte ad accettare che un sistema operativo, fino ad ora fisso e quasi immobile, diventi un sevizio che si aggiorna in continuazione e che richiede quindi risorse che col tempo dovranno essere aggiornate e upgradate?
La domanda non ha una risposta banale se poi si comincia a spiegare che un banalissimo antivirus accede ad una base di dati in cloud che condivide informazioni di milioni di PC collegati con lo scopo di determinare anomalie comuni che possono essere utilizzate per definire euristiche per combattere virus o malware.

Mi rispondo sconsolato sulla base dell’esperienza che mi dice che non solo le PMI non sono pronte ma non hanno neanche la volontà di seguire un percorso di innovazione che punti realmente sull’aggiornamento di strumenti utili per le proprie maestranze; qualora ci fosse un upgrade esso sarà, purtroppo, guidato dai soliti driver:

– Obsolescenza estrema (macchine di 10 anni o più)
– Interruzione di servizio (macchine defunte)
– Incentivi fiscali

Mi concedo una battuta al veleno: ci sono aziende che ancora oggi fatturano con WORD pensando di aver portato un’innovazione tecnologica nella propria azienda, non mi sono mai permesso di parlarne ma il mio consiglio sarebbe quello di tornare a fare le fatture a mano per non perdere tempo ad accendere il PC e risparmiare energia elettrica.
La cultura degli imprenditori e dei responsabili IT non è in sintonia con il mercato del software e delle App che ha intuito da molto tempo che il servizio continuo di aggiornamento non è solo un modo per combattere la pirateria ma è un modo per scaricare all’utilizzatore finale l’incombenza del dover pianificare o, ancor peggio, di dover inseguire l’aggiornamento sistematico delle versioni software.

Articolo a cura di Simone Marion

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10 Commenti

  1. Articolo molto ben articolato e che tratta argomenti molto interessanti fino ad ora mai trattati da noi. Complimenti vivissimi Simone. Spero che questo articolo sia il primo di una lunga serie 😉

  2. Svegliarsi la mattina e leggere questi articoli è un piacere.. Parole sante. Condivido ogni singola parole che hai detto.

    Ps, volendo entrare un pochino più nel dettaglio…(anche se non troppo oltre perchè la mia conoscenza non me lo permette), un sistema operativo del genere dovrebbe lavorare solo ed esclusivamente su dei server cloud.
    Mi dispiace doverlo ammettere, ma penso che un qualcosa di simile possa essere paragonata al concetto dei chromebook…. mi sbaglio?

  3. Ringrazio Chiara e Gerardo per il loto commenti. Purtroppo non è consolante dover condividere il fatto che in Italia ci sia una certa classe di PMI impreparata ad accogliere i cambiamenti. Spero che ci sia qualcuno che abbia piacere a condividere esperienze diverse da quelle che ho portato io in questo scritto, magari di un’azienda che ha deciso di seguire, e non inseguire, il cambiamento.in maniera pro-attiva.

    • Complimenti per l’articolo Simone, ma le problematiche sollevate da @evaclo sono più che plausibili. Non sono nel vostro settore, quindi non posso capire al 100% come ci si sente, ma conosco l’andazzo italiano il che dovrebbe essere sufficiente…

    • Il problema non e’, necessariamente, l’ impreparazione ad accogliere i cambiamenti ma il confrontarsi con il piano dei conti…

      • Si Cosmo, ma non nel senso che intendi tu.
        L’impatto sui conti della tecnologia è modesto e si ammortizza sempre in un periodo ridottissimo (se correttamente impiegata).
        L’incremento del costo è dato dalla necessità di dotarsi di una struttura IT intesa come figure professionali, che sono quelle che costano realmente perchè un IT Manager VERO costa quanto… un manager. Ossia tanto.
        Ancor di più costa, mentalmente e non finanziariamente, l’adottare le soluzioni che il manager renderebbe possibili, che addirittura imporrebbe: produttività continua slegata dal luogo di lavoro e sganciamento dal “prodotto”, concetto da archeologia industriale, per concentrarsi sulla gestione dell’informazione.

  4. Da imprenditore e proprietario di una piccola azienda mi permetto di dire la mia:
    Sono appassionato di tecnologia e cerco nel limite del possibile di rimanere sempre aggiornato con hardware e software. In ambito privato nessun problema, ma in ambito aziendale purtroppo ci si deve scontrare con tante difficoltà…
    La prima e penso più importante è quella dei margini di guadagno (ridotti al minimo, se ci sono…), quindi di conseguenza si ha meno tempo da dedicarvi (dovendo tagliare costi si taglia personale e si lavora più ore, quindi non rimane tempo per pensare a niente altro che fare quello che si fà quotidianamente).
    Margini ridotti significano anche rinunciare ad acquistare nuove licenze Software (ad esempio io utilizzo Autodesk Inventor 2013, perchè non mi posso permettere di rinnovare annualmente la licenza o sottoscrivere un abbonamento) e questo porta al fatto, ad esempio, che il software non sia compatibile con W10, obbligandomi a rimanere con W7.
    Le piccole/medie aziende in Italia oggi sono strozzate e spremute come limoni da una politica che impone tasse al limite dell’immaginabile (superiamo il 70%) e burocrazia a livelli fantascientifici e tutto quello che possono fare al momento è sopravvivere, mi spiace ma non c’è tempo per altro.
    Scusate lo sfogo, ma è facile parlare di PMI impreparata ai cambiamenti, mettiamo la PMI in grado di competere con il resto del mondo (non dico agevolata, ma almeno alla pari) e poi magari ne possiamo riparlare.

    • Apprezzo tantissimo e condivido tutto ciò che hai detto.
      Quello descritto nell’articolo sarebbe l’ideale prassi da seguire in un mondo ad oggi definito utopico. La situazione descritta da te è lo specchio della realtà….

  5. Ringrazio per l’osservazione perché mi permette di chiarire un aspetto che forse ho trascurato o che ho dato per scontato.
    In risposta a chi obietta, giustamente, l’impatto dei costi che l’azienda deve sostenere per l’aggiornamento tecnologico replico che, da ex imprenditore decennale, alla fine dei conti il costo effettivo del non aggiornamento è più alto di quello che si ha con aggiornamenti costanti e pianificati. Quando si rimanda per troppo tempo il rinnovo tecnologico si impatta anche sulle maestranze che vanno nuovamente formate e riorganizzate in modo profondo. La scelta di cambiare poco ma frequentemente rende più fluido il processo di ammodernamento. Tuttavia mi schiero a fianco di Arnaldo, Comsocronos ed Evacio che sollevano un problema annoso del sistema imprenditoriale italiano. Faccio però una leggera deviazione in quanto mi sento di esprimere l’idea che sia la liquidità il primo vero scoglio all’innovazione. La rotazione di cassa media delle aziende italiane è incompatibile con il resto del mondo. Per esser terra terra: i clienti del bel paese pagano a 30, 60, 90 gg data fattura se non addirittura a 360 giorni i prodotti e i servizi delle nostre aziende, di contro, quando quest’ultime acquistano licenze software devono liquidare contestualmente all’atto dell’acquisto. Lo scompenso finanziario nel medio e lungo periodo frena tutto il processo di rinnovamento (tecnologico e non solo). In tal senso il mio articolo vuole spostare l’attenzione degli imprenditori sul fatto che il mondo del software sta convergendo sempre più sul servizio e quindi su un sistema basato su abbonamenti flat o a consumo, in qualche modo questo modello di business, oltre a garantire controllo e redditività continua alle software house, agevola il fruitore dei servizi software, soprattutto italiani, che hanno difficoltà quotidiane con la cassa.

  6. Sono portato ad assegnare MOLTE colpe agli IT Manager, credo decisamente più di quante non ne veda tu Simone.

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